«L’approvazione in Consiglio dei Ministri del disegno di legge-delega di riforma delle professioni sanitarie è un segnale atteso e positivo per il Servizio sanitario nazionale, per i professionisti e per i cittadini. Non è la soluzione finale di un problema annoso, ma di certo è un altro passo in avanti che il Governo fa nell’ottica di un procedimento che evolva verso la depenalizzazione dell’atto medico». Così Silvestro Scotti, Segretario Generale Fimmg, all’indomani dell’approvazione in Consiglio dei Ministri del D.d.l. «Riconosciamo il lavoro svolto dal Ministro della Salute Orazio Schillaci e dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, che con questo provvedimento pongono le basi per una cornice normativa più chiara e coerente con i bisogni reali dell’assistenza».
La Fimmg guarda con particolare interesse a due ambiti qualificanti del D.d.l. delega: la responsabilità professionale, con l’intento dichiarato di ridurre gli effetti perniciosi della medicina difensiva, e l’articolo 5, che prevede la trasformazione dell’attuale corso regionale di formazione specifica in medicina generale in una Scuola di Specializzazione. Per Fimmg, l’area della responsabilità professionale deve favorire contesti di cura sicuri e responsabili, distinguendo con chiarezza l’errore dall’esito avverso non prevenibile, valorizzando linee guida e buone pratiche, audit clinico e gestione del rischio.
«Ridurre la medicina difensiva significa, infatti, restituire centralità clinica e tempo di qualità al paziente. Per la medicina generale questo significa anche ridurre il numero delle prestazioni indotte dall’offerta assistenziale di II livello» sottolinea Scotti. «Regole chiare e strumenti efficaci per prevenire il contenzioso temerario sono essenziali per garantire appropriatezza, continuità assistenziale e sostenibilità del sistema». Del resto, che le tutele individuate dal nuovo D.d.l. coprano anche la medicina generale lo chiarisce il testo stesso, quando si “tiene conto anche della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative, quando la scarsità e le carenze non sono evitabili da parte dell’esercente l’attività sanitaria”, situazione alla quale oggi è sempre più esposta una medicina generale che deve far fronte a carichi di lavoro enormi anche per l’aumento del numero di pazienti e del mancato investimento su personale e strumenti diagnostici. «La speranza – dice Scotti – è che questo D.d.l. diventi un deterrente al contenzioso, visto che in prima battuta metterà i medici in condizione di contestare facilmente una causa temeraria in partenza».
Sull’articolo 5, la posizione della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale è certamente favorevole, a partire dall’obiettivo di rafforzare qualità e riconoscibilità del percorso formativo. «La trasformazione in Scuola di Specializzazione è un’opportunità che attendevamo da tempo» afferma il leader Fimmg, che tuttavia avverte: «È essenziale che siano mantenute le caratteristiche specifiche della medicina generale, così come definite anche dalla normativa europea: occorre fare attenzione alla possibilità che questi specializzandi inizino ad operare sul territorio già dal primo periodo di formazione. Serve un coinvolgimento diretto della medicina generale nella didattica ed è essenziale che la specialità in medicina generale sia strutturata con le stesse caratteristiche delle altre, ma restando nel Titolo IV dell’attuale DLgs 368, senza essere ricondotta al Titolo III, fatto che determinerebbe la possibilità di equipollenza con altre discipline, impedendo in questo caso quanto previsto dalle norme comunitarie». Inoltre, se – come previsto dal D.d.l. – la riformulazione dei percorsi formativi punta ad aumentare l’attrattività della professione e a colmare la carenza di medici di famiglia, per Fimmg è imprescindibile un investimento chiaro e mirato che copra l’attuale spesa per le borse di studio, tenga conto della durata del corso e preveda, già nella prossima Legge di Bilancio, un incremento del numero di borse per rispondere alle necessità del sistema. «Se vogliamo davvero attrarre i giovani medici – conclude Scotti – la riforma deve essere accompagnata da risorse certe, organizzazione moderna e prospettive di carriera riconoscibili. Solo così la medicina generale potrà restare pilastro della prossimità e della prevenzione, garantendo risposte tempestive e di qualità ai cittadini».