Beccagutti: “È cruciale monitorare l’impatto delle nuove tariffe, non solo sulla spesa complessiva, ma anche sulla capacità del sistema di offrire ai cittadini prestazioni efficaci, sicure e tecnologicamente avanzate”
Roma, 11 settembre 2025 – A macchia di leopardo la situazione dell’assistenza specialistica ambulatoriale con i nuovi Livelli essenziali di assistenza, che contano nel nomenclatore nazionale 1.184 nuove prestazioni per un totale di 2.108 prestazioni. Sono sei le regioni (Sardegna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Bolzano, Lombardia ed Emilia-Romagna), che hanno adeguato i tariffari rimborsati alle amministrazioni locali, aumentandoli ai livelli di mercato, mentre tutto il centro-sud Italia non è intervenuto sulle tariffe o perché sotto piano di rientro o per indisponibilità di risorse. La fotografia, scattata dal Centro studi di Confindustria dispositivi medici, fa emergere una forte difformità sul territorio sia in termini di tariffe che di prestazioni.
Sul fronte delle tariffe quelle aumentate dalle regioni per i Livelli essenziali di assistenza si concentrano sulle prestazioni delle visite (72%), di diagnostica (51%) e del laboratorio (47%): Lombardia, PA Bolzano, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna le hanno aumentate in oltre il 50% delle prestazioni nella diagnostica. Le prestazioni con tariffe invariate costituiscono una porzione consistente, soprattutto nelle terapeutiche (56%) e riabilitative (50%). Significativa nel nomenclatore nazionale la riduzione nel valore delle tariffe per le prestazioni di laboratorio, in particolare nelle aree di chimica clinica ed ematologia/coagulazione, per cui molte regioni hanno scelto di incrementarle in media rispettivamente del 31% e 59% in più rispetto ai valori di riferimento. Si tratta di un intervento rilevante sia in termini quantitativi che qualitativi, se si considera che le 572milioni prestazioni di laboratorio rappresentano circa il 75% del totale erogato nell’ambito della specialistica ambulatoriale e per queste due sottocategorie, che costituiscono la quota preponderante del laboratorio, lo stesso Ministero ha stimato un impatto economico importante, prevedendo una riduzione della spesa pari a 369 milioni di euro.
Se solo 3 regioni (Piemonte, Toscana e Trentino-Alto Adige) hanno ampliato in modo significativo il proprio nomenclatore della specialistica ambulatoriale 2017 con più di 100 prestazioni aggiuntive ai LEA, sono 6 le regioni (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta) che ne hanno incluse tra 26 e 100, le restanti hanno aggiunto sotto le 25 prestazioni fornite dal Servizio sanitario regionale. Le prestazioni aggiuntive si concentrano soprattutto in ambiti come laboratorio (oltre 200 nuove voci), riabilitazione e terapia fisica (oltre 125), valutazioni cliniche e visite (più di 60) e includono prestazioni ad alta intensità assistenziale come la somministrazione di terapia antitumorale o l’Osservazione Breve Intensiva.
“Nonostante l’adozione dei nuovi LEA rappresenti un passo significativo, le tariffe minime nazionali risultano inadeguate, con il rischio di gravare sui bilanci regionali e compromettere l’equità nell’accesso alle cure, soprattutto nelle regioni sotto piano di rientro”, ha dichiarato Guido Beccagutti, Direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici. “È cruciale monitorare l’impatto delle nuove tariffe, non solo sulla spesa complessiva, ma anche sulla capacità del sistema di offrire ai cittadini prestazioni efficaci, sicure e tecnologicamente avanzate. È essenziale che le tariffe riconoscano e sostengano l’impiego di dispositivi medici innovativi, che rappresentano un elemento chiave per l’evoluzione qualitativa dell’assistenza offerta al cittadino altrimenti il rischio di una fuga verso il privato diventa sempre più reale”.
Beccagutti ha inoltre sottolineato l’importanza di un coordinamento più stretto tra Stato e Regioni per definire tariffe che bilancino sostenibilità economica, contenimento della spesa e valorizzazione dell’innovazione. “Una tariffazione allineata all’evoluzione tecnologica è indispensabile per un’offerta sanitaria equa ed efficiente. Le dinamiche attuali – ha concluso Beccagutti – riflettono un riequilibrio multilivello, con le Regioni che, pur rispettando il nuovo decreto, esercitano autonomia per preservare la tenuta del sistema, specialmente in ambiti ad alta erogazione come il laboratorio. Il riconoscimento delle tecnologie nei sistemi tariffari rappresenta un passaggio cruciale: garantisce infatti agli erogatori una corretta remunerazione e, al tempo stesso, dovrebbe consentire aggiornamenti più rapidi e fluidi. In questo contesto, Confindustria dispositivi medici attraverso l’Osservatorio del centro studi sul tema della rimborsabilità può agire come un veicolo naturale di sintesi e diffusione: segnalando da un lato le nuove tecnologie in arrivo sul mercato e dall’altro quelle ormai superate. Una maggiore capacità di interscambio informativo potrebbe rafforzare in maniera concreta il lavoro della Direzione Generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute”.