IA per curare tumori urologici. Da Chieti una review internazionale sulle nuove frontiere della medicina

L’IA come “intelligenza aumentata” a supporto del medico. Con rigore e validazioni, verso diagnosi più precise, percorsi personalizzati e chirurgia più sicura.

L’intelligenza artificiale (IA) non sostituisce il medico: è un alleato strategico che, se applicata con rigore scientifico, aiuta a migliorare diagnosi e cure dei tumori di prostata, vescica, rene e testicolo. Lo evidenzia una review pubblicata sulla rivista internazionale Research and Reports in Urology, firmata dal team della Clinica urologica dell’ospedale di Chieti in collaborazione con altri centri italiani ed europei. Il lavoro fa il punto su applicazioni già in uso o in fase avanzata di studio: diagnosi più precise, terapie più personalizzate e un uso della chirurgia robotica sempre più sicuro.

«L’analisi mette in luce come l’IA sia in grado di supportare il lavoro di radiologi e anatomopatologi nell’interpretazione di immagini e biopsie, migliorando l’identificazione precoce dei tumori» spiega il professor Luigi Schips, direttore della Clinica urologica di Chieti. «Allo stesso tempo, nuovi strumenti predittivi aiutano a personalizzare i trattamenti e a stimare con maggiore accuratezza il recupero funzionale dopo un intervento chirurgico».

Un campo di grande sviluppo è la chirurgia robotica, dove strumenti di IA e di realtà aumentata possono aumentare la precisione intraoperatoria e contribuire a standardizzare la formazione, accorciando i tempi di apprendimento delle procedure più complesse. Anche la comunicazione con le persone assistite può trarne beneficio: chatbot clinici come Prosca offrono informazioni chiare e personalizzate e favoriscono il dialogo medico-paziente, facilitando la comprensione delle opzioni terapeutiche e riducendo ansia e incertezza; mentre i large language model (LLM, come ad esempio ChatGPT) possono migliorare l’alfabetizzazione sanitaria se usati con adeguate cautele.

L’analisi passa in rassegna le applicazioni specifiche: per la prostata, in diversi studi l’accuratezza nel riconoscere la malattia è paragonabile a quella degli specialisti, con benefici nel selezionare meglio i pazienti per biopsia o sorveglianza attiva; modelli predittivi stimano il recupero della continenza dopo prostatectomia robotica. Per il rene, reti neurali distinguono i sottotipi con precisione oltre il 97% e contribuiscono a stimare il rischio di recidiva/progressione. Per la vescica, l’IA assiste la cistoscopia e la stadiazione radiologica; analisi istologiche/genomiche aiutano a prevedere la risposta alle terapie intravescicali. Per il testicolo le evidenze sono preliminari, ma indicano il potenziale dell’IA nel supportare la stadiazione e nell’individuare fattori prognostici chiave, come l’invasione linfovascolare.

Nonostante i risultati promettenti, gli autori richiamano la necessità di validazioni multicentriche su larga scala, armonizzazione dei dati e regole etiche e di tutela della privacy chiare. Proprio questo rigore è la condizione perché l’IA, come “intelligenza aumentata”, diventi davvero un partner del medico e apra una nuova stagione nella cura dei tumori urologici.

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