“Ancora una volta, il sistema sanitario italiano sconta l’assenza di un coordinamento reale tra Stato e Regioni. Il risultato? 21 Regioni, 21 modelli sanitari, 21 approcci diversi alla sostenibilità dell’assistenza”. Lo afferma Karin Saccomanno, presidente nazionale di AISI, l’Associazione delle Imprese Sanitarie Indipendenti, a pochi giorni dalla prevista sentenza del TAR Lazio che dovrà pronunciarsi sui ricorsi presentati contro le nuove tariffe nazionali per le prestazioni ambulatoriali specialistiche.
Secondo AISI, la sanità privata – sia accreditata che non convenzionata – è oggi stretta tra pressioni inflattive, costi crescenti per tecnologie e personale e una totale mancanza di linearità tariffaria.
“In attesa del giudizio del TAR”, interviene il segretario generale dott. Fabio Vivaldi, “rimane sul tavolo una questione ineludibile: il sistema sanitario italiano non può continuare a funzionare con 21 visioni regionali disallineate. Serve una cabina di regia nazionale per garantire sostenibilità, equità e programmazione.”
IL CASO VENETO: NON TAGLI, MA SCELTE UNILATERALI
Tra le Regioni che si sono mosse autonomamente, il Veneto ha varato un nuovo Nomenclatore tariffario regionale, che ha evitato i pesanti tagli previsti dal tariffario nazionale (su cui si attende ancora l’esito del Tar), ma ha anche introdotto significative rimodulazioni. Non si tratta di un taglio lineare, anzi: in alcuni casi si registrano aumenti, in altri riduzioni.
“Non contestiamo il merito di tutte le scelte”, chiarisce il direttore generale Giovanni Onesti. “Anzi, in alcuni casi la Regione ha dimostrato di voler tutelare le eccellenze territoriali alzando i prezzi. Ma il metodo ci preoccupa: nessuna concertazione preventiva, modifiche calate dall’alto, e un’impostazione che rischia di spiazzare le imprese, rendendo difficile qualunque investimento in innovazione o personale, tenendo sempre conto del fatto che al primo posto ci sono i pazienti e i soggetti fragili”.
“SERVONO CRITERI UNIFICATI E STABILI”
Il nuovo tariffario veneto, che prevede valori migliorativi rispetto a quelli statali su alcune prestazioni, è l’ennesima dimostrazione – secondo AISI – di quanto manchi una visione sistemica a livello nazionale.
“Non possiamo operare con risorse che cambiano ogni quattro mesi, in un quadro incerto e senza alcun criterio condiviso”, conclude Saccomanno. “Questa frammentazione alimenta squilibri, rallenta la programmazione e scarica sui cittadini le conseguenze peggiori: liste d’attesa più lunghe, meno accesso, meno investimenti in tecnologia. Non possiamo permettercelo.”
«A farne le spese, alla fine, sono saranno sempre i cittadini, tuonano dai vertici di AISI, con gli utenti schiacciati tra liste d’attesa interminabili nel privato e un’offerta sanitaria privata sempre più in difficoltà e nel caos: il privato accreditato penalizzato da tariffe che non coprono nemmeno i costi base, il privato puro lasciato senza tutele né riconoscimento, con ogni Regione che si muove per conto proprio, creando disparità enormi. In mezzo, il rischio concreto che interi territori restino scoperti. Le imprese non possono garantire qualità, velocità e accessibilità se i rimborsi non coprono nemmeno il costo vivo delle prestazioni.»
AISI non ha mai chiesto aumenti spropositati delle tariffe del privato a discapito del cittadino, ma nemmeno tagli indiscriminati, e chiede che la sentenza del TAR sia solo il primo passo verso una riforma strutturale della governance sanitaria nazionale, che garantisca regole certe e sostenibili per tutti gli attori del sistema.