La realtà è drammatica! Altro che carenza di 65mila professionisti come indica la FNOPI. Ne mancano 175.000 rispetto agli standard europei, e la politica non può più voltarsi dall’altra parte.
“In occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere — dichiara il Segretario Nazionale di COINA, Marco Ceccarelli — non ci limiteremo agli slogan di circostanza. Oggi più che mai serve una presa di posizione netta, concreta e coraggiosa. Gli infermieri italiani sono esausti, malpagati, aggrediti, lasciati soli da un sistema che sembra averli dimenticati. E i numeri lo confermano: parlare ancora di 65.000 infermieri mancanti, come ha fatto la FNOPI di recente, è un errore grave. La realtà è che ne servono almeno 175.000, se vogliamo avvicinarci agli standard dell’Unione Europea, come evidenziato dall’ultimo rapporto OCSE ‘Health at a Glance: Europe 2024.’”
Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia resta tra i fanalini di coda in Europa, contro una media UE di 8,4. “Siamo il Paese che forma ottimi professionisti e poi li costringe a fare le valigie — prosegue Ceccarelli —. Nel 2024 oltre 6.000 infermieri sono emigrati, attratti da stipendi dignitosi e condizioni di lavoro umane. Ancora più drammatico è il dato interno: oltre 20.000 dimissioni volontarie nei primi nove mesi dell’anno, spesso senza che ci sia un piano per rimpiazzare chi se ne va.”
Stipendi tra i più bassi d’Europa
Gli stipendi degli infermieri italiani sono tra i più bassi d’Europa. Nel 2022, la retribuzione annua lorda di un infermiere italiano era di 48.931 dollari a parità di potere d’acquisto, ben 9.463 dollari in meno rispetto alla media OCSE di 58.394 dollari. Questa disparità retributiva rende la professione meno attrattiva per le nuove generazioni e contribuisce al fenomeno della fuga all’estero.
Il gap salariale rispetto agli altri Paesi europei non è mai stato colmato, e oggi, con il mutato costo della vita, il divario è diventato insostenibile. Con stipendi che non sono al passo con l’inflazione e il carovita, gli infermieri si trovano ad affrontare una condizione economica che mette in discussione la loro stessa dignità professionale. Un fenomeno che non solo deprime il morale degli infermieri, ma che li spinge a cercare condizioni di lavoro migliori in altri Paesi, dove gli stipendi sono più alti e le condizioni di lavoro più favorevoli.
Aggressioni al personale sanitario: un’emergenza silenziosa
Tra il 2023 e il 2024, si sono registrati oltre 130.000 episodi di violenza contro gli infermieri italiani, tra denunce e sommerso, fisiche e verbali. Nel primo trimestre del 2025, questo dato è aumentato di oltre il 30%.
Le aggressioni sono l’effetto di un rapporto incrinato tra cittadini e professionisti sanitari, deteriorato da anni di politiche sbagliate e tagli progressivi. Invece di rafforzare il legame fiduciario, lo si è sgretolato passo dopo passo, fino a trasformare medici e infermieri in bersagli dell’esasperazione popolare.
Le aggressioni non sono episodi isolati, ma il frutto di un clima di esasperazione sociale e abbandono istituzionale. Pronto soccorso sovraffollati, personale ridotto al minimo, attese infinite, reparti senza sicurezza. “In molti ospedali le guardie giurate non ci sono di notte, proprio quando si registrano i picchi di violenza — continua Ceccarelli —. Un’aggressione su cinque è compiuta da persone in stato di alterazione mentale o sotto effetto di sostanze. E le infermiere, in particolare, subiscono minacce, insulti, morsi, capelli strappati, dita spezzate. È inaccettabile. Non si può andare a lavorare con la paura di non tornare a casa.”
Il 42% degli operatori sanitari italiani ha subito almeno una minaccia o violenza nel corso della carriera. Ma non esiste un sistema di prevenzione, né un piano nazionale per garantire sicurezza reale.
Le proposte del COINA per uscire dall’emergenza:
- Assunzione immediata di almeno 100.000 infermieri, con piano nazionale per colmare il divario con l’UE;
- Retribuzioni adeguate alla responsabilità e al costo della vita, con un intervento urgente per sanare il divario che oggi colloca l’Italia al terz’ultimo posto in Europa per salario infermieristico. Gli stipendi degli infermieri italiani sono tra i più bassi d’Europa, con una retribuzione annua lorda che continua a essere ben al di sotto della media OCSE, rendendo la professione meno attraente per le nuove generazioni e contribuendo al fenomeno della fuga all’estero;
- Sicurezza reale negli ospedali, con presidi di pubblica sicurezza attivi h24;
- Campagne di sensibilizzazione per ricostruire il rispetto verso i professionisti sanitari;
- Investimenti concreti nella sanità territoriale, oggi quasi assente soprattutto al Sud;
- Percorsi di carriera chiari, trasparenti e valorizzanti per chi lavora da anni nel sistema e per i giovani in ingresso.
“Il problema non si risolve con le toppe, ma con un intervento radicale e strutturale. I sindacati, COINA in prima linea, hanno sempre chiesto misure serie, non spot elettorali. Ora basta tergiversare. Una società che abbandona chi la cura è una società malata, destinata al collasso. Gli infermieri non chiedono eroi, ma dignità, sicurezza e riconoscimento. È il minimo per chi ogni giorno salva vite”, conclude Ceccarelli.