In occasione del 1° Maggio, Giornata Internazionale dei Lavoratori, le associazioni AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea) e il Movimento Internazionale UNITI PER UNIRE, a nome dei rispettivi direttivi, pongono solide e doverose riflessioni sullo stato dell’arte della sanità italiana.
A parlarne è il Prof. Foad Aodi, Medico, Giornalista Internazionale, Esperto in Salute Globale, Direttore dell’AISC (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini), membro del Registro Esperti FNOMCEO, 4 volte consigliere dell’OMCeO di Roma e docente all’Università di Tor Vergata.
La sanità italiana: un’emergenza senza programmazione
Le associazioni e i movimenti, alla luce di una esperienza concreta legata ad un impegno quotidiano per l’evoluzione dei professionisti sanitari che va avanti dal lontano 2000, sottolineano da anni la necessità di un costante e accurato censimento dei professionisti sanitari in Italia, per capire quante risorse mancano e quante siano necessarie per colmare il divario ancor oggi presente.
“Già dal 2000, con numerosi incontri con ambasciatori e conferenze stampa, abbiamo sollevato questioni cruciali come quella della carenza di professionisti sanitari in Italia e la mancanza di una coerente valorizzazione economica. Ma, a nostro avviso, fin qui, non è stata fatta alcuna programmazione concreta in questi anni,” afferma il Prof. Aodi. “Abbiamo bisogno di un piano strutturato che identifichi le risorse necessarie e riorganizzi le professioni in modo programmatico e mirato.”
“Nel contesto delle proposte delle Regioni, arrivate attraverso il recente documento presentato dalla Conferenza delle Regioni, a nostro avviso, più che mai in occasione del Primo Maggio, è doveroso riflettere sul fatto che, sebbene ci siano alcuni tentativi di risolvere la questione della carenza di personale, come ad esempio la possibilità di un reclutamento internazionale più strutturato, le stesse sono ancora insufficienti. Il recente documento delle Regioni italiane ha proposto azioni come l’ampliamento dei contratti per i professionisti temporanei e il rafforzamento delle collaborazioni internazionali, ma queste proposte non sono accompagnate, oggi, da risorse adeguate e non affrontano adeguatamente la necessità di una programmazione a lungo termine per l’entrata di professionisti stranieri e il sostegno ai professionisti locali con la valorizzazione di chi lavora già sul campo e il riavvicinare i giovani alla realtà sanitaria, creando quell’indispensabile ricambio generazionale senza il quale non può esserci futuro. Queste proposte, purtroppo, rischiano di rimanere promesse vuote, senza un’effettiva risoluzione delle numerose criticità che ci affliggono”, continuano le associazioni con la loro riflessioni.
Gli stipendi non al passo con il costo della vita: la valorizzazione economica non può essere solo promessa
Un aspetto cruciale, che è stato più volte sottolineato dalle nostre associazioni e dai movimenti, è che gli stipendi dei professionisti sanitari, oggi più che mai, non sono al passo con il costo della vita.
“La valorizzazione economica non può più essere una semplice promessa, ma deve tradursi in aumenti concreti e miglioramenti delle condizioni contrattuali. La realtà è che molti professionisti sanitari, soprattutto nelle regioni più svantaggiate, si trovano a vivere in condizioni economiche difficili, dove i bassi stipendi non permettono di far fronte ai costi quotidiani. Questo porta molti a cercare opportunità migliori all’estero o a scegliere il settore privato, dove le condizioni economiche e di lavoro sono più favorevoli”.
“La valorizzazione economica deve essere tangibile, non solo un bel discorso,” sottolineano ancora le associazioni. “Se non affrontiamo questo aspetto in modo serio, rischiamo di perdere definitivamente i nostri professionisti, che emigrano o si orientano verso il privato per ottenere un trattamento equo.”, continuano ancora le associazioni.
Fuga all’estero, aggressioni e medicina difensiva
Le aggressioni al personale sanitario sono uno degli aspetti che minano la dignità e la sicurezza dei professionisti, ricordando l’aumento delle aggressioni, secondo l’indagine Amsi, del 39% nei primi 4 mesi del 2025. La medicina difensiva è poi un altro fenomeno che contribuisce a distorcere il rapporto di cura tra paziente e medico, e che influisce direttamente sulla qualità dell’assistenza. “Lavorare in un contesto dove i professionisti sono costantemente minacciati, con stipendi che non sono sufficienti, porta inevitabilmente a un esodo verso l’estero,” afferma Aodi.
Molti professionisti sanitari hanno scelto di abbandonare il servizio pubblico, non solo per motivi economici, ma anche per l’insicurezza professionale e il clima di stress dovuto a turni massacranti e aggressioni fisiche e verbali.
Il ruolo fondamentale dei professionisti sanitari di origine straniera
I professionisti sanitari di origine straniera sono una risorsa enorme per il sistema sanitario italiano, e vanno sostenuti e valorizzati come una parte fondamentale dell’intero sistema. “Questi professionisti non sono solo una risorsa indispensabile per colmare la carenza di personale, ma portano con sé competenze e esperienze che arricchiscono la qualità delle cure in Italia,” ribadisce l’Amsi. È fondamentale che i professionisti sanitari di origine straniera vengano trattati con equità e pari opportunità rispetto ai colleghi italiani, contribuendo a ridurre la carenza di personale e migliorando l’offerta sanitaria in tutto il Paese. Ricordiamo, infatti, che oltre il 65% dei professionisti sanitari che lavorano in Italia sono impiegati nel privato e che circa 12mila professionisti addirittura non esercitano, a causa di una burocrazia annosa e un processo di riconoscimento dei titoli molto lungo rispetto agli altri paesi in Europa.
“Un altro punto fondamentale, spesso sollevato anche durante i nostri incontri ufficiali con il Ministero della Salute, sottolinea Aodi, riguarda la necessità di accelerare i tempi di riconoscimento dei titoli esteri, che oggi richiedono in media circa un anno. Pur riconoscendo l’importanza di verificare le competenze di chi desidera esercitare in Italia, le nostre associazioni propongono un percorso più snello, con uno stage pratico di 3-4 mesi in ospedali o università italiane, per migliorare lingua, conoscenza del sistema sanitario e cultura locale, seguito da un esame teorico-pratico e un colloquio valutativo, in linea con quanto già avviene in altri Paesi, come ad esempio quelli del Golfo”, afferma Aodi.
Riflessioni sulle proposte delle Regioni: la necessità di azioni concrete
“Le proposte delle Regioni, purtroppo, seppur lodevoli, non sono sufficienti a risolvere i problemi strutturali del nostro sistema sanitario italiano”, sottolineano sempre le associazioni. Queste, ricordiamolo, includono il rafforzamento dei contratti a tempo indeterminato per i professionisti temporanei, l’aumento della formazione per i medici di origine straniera e il potenziamento delle risorse economiche per le strutture sanitarie. Tuttavia, queste azioni sono spesso mancanti di risorse adeguate, non trattano la necessità di una vera programmazione a lungo termine e non considerano appieno la necessità di un supporto continuativo ai professionisti sanitari già presenti nel sistema.
In sintesi, le proposte regionali sono da considerarsi necessarie ma ad oggi insufficienti. È urgente che vengano rafforzate e accompagnate da risorse concrete, con un impegno reale da parte del governo centrale e delle Regioni per affrontare in modo strutturato le carenze di personale e le altre problematiche urgenti del sistema sanitario.
Conclusioni: Un appello alla tutela della professione sanitaria
“Il 1° Maggio deve essere l’occasione per un serio punto della situazione sulla sanità italiana. Tutti i professionisti della sanità devono essere trattati come professionisti di serie A, con una giusta valorizzazione economica e professionale, protezione dalle aggressioni, e garanzie per la loro sicurezza,” concludono le associazioni. “Non possiamo più accettare il sistema che sfrutta i professionisti stranieri per pagarli meno. Le condizioni di lavoro devono migliorare per tutti, senza discriminazioni.”