L’incontro in Aran di questa mattina per il rinnovo del contratto del comparto sanità conferma lo stallo dei mesi scorsi, lasciando in ostaggio medici e dirigenti sanitari che ancora attendono la pubblicazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il CCNL 2022-2024, dunque già ampiamente scaduto. Intanto, la prossima settimana si inizierà a discutere del contratto dei dirigenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici e la settimana successiva verranno definite le aree e i comparti per il 2025-2027, confronto propedeutico all’avvio delle contrattazioni per il nuovo triennio.
«Vorremmo conoscere le ragioni per le quali si continua a rimandare sine die la pubblicazione dell’atto di indirizzo del contratto dei medici e dei dirigenti sanitari – dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario di Anaao Assomed, e Guido Quici, Presidente della Federazione Cimo-Fesmed -. Inoltre, è inaccettabile dover aspettare la conclusione del contratto del comparto per poter iniziare a discutere di quello dei medici: se sindacati del comperato e Aran non trovano un accordo continueremo ad attendere? Chiediamo a 140mila medici e dirigenti sanitari di aspettare pazientemente il loro turno per poter vedere i dovuti aumenti in busta paga? È vero che parte delle risorse economiche attese dal rinnovo contrattuale è stata anticipata, ma l’incremento stipendiale conseguente è stato in gran parte neutralizzato, sia dalla crescita della pressione fiscale che dall’aumento dell’addizionale IRPEF deciso da quasi tutte le Regioni, visto che il finanziamento del sistema sanitario rimane al di sotto delle necessità, per quanto etichettato come “storico”. Il ritardo del rinnovo contrattuale riduce significativamente il potere d’acquisto dei dirigenti medici e sanitari, che già ha registrato un calo del 6,2% nel periodo 2015-2022, consolidandone la collocazione agli ultimi posti in Europa, e peggiora ulteriormente condizioni di lavoro proibitive che ne riducono la attrattività.
E intanto continuiamo ad assistere alla quotidiana emorragia di personale dagli ospedali pubblici, di medici stanchi di essere trattati e considerati in questo modo».
«Non solo non siamo disponibili ad aspettare, ma anzi chiediamo di fare un ulteriore passo avanti accorpando i trienni contrattuali 2022-2024 e 2025-2027, in modo da garantire ai colleghi adeguamenti retributivi accettabili e bloccare questa intollerabile tradizione di firmare solo contratti già scaduti. Una volta definite le aree e i comparti per il triennio 2025-2027, non ci risultano ostacoli all’adozione di una decisione che sarebbe storica, e che darebbe il giusto valore a chi, ogni giorno, tutela la salute del Paese assicurando più di 2 milioni di prestazioni gratuite al giorno», concludono Di Silverio e Quici.