Occorrono decisionismo, pragmaticità e buon senso. Siamo di fronte alla peggiore crisi degli ultimi 20 anni. Serve cambiare rotta e mentalità!.
Unica strada per vedere la luce in fondo al tunnel è un contratto “dedicato”, lo invochiamo da tempo, destinato solo ai professionisti sanitari, che devono uscire dalla bolgia attuale. Solo così la parola valorizzazione avrà un senso e non sarà solo un artifizio di cui fregiarsi a proprio comodo.
«L’eterna trattativa legata al rinnovo contratto della sanità pubblica ha trasformato una necessaria discussione sul futuro delle professioni sanitarie in un vergognoso gioco di accuse reciproche, dove le vere questioni vengono messe in secondo piano. Invece di concentrarsi sulle vere esigenze degli infermieri e professioni sanitarie, alcuni sindacati, in particolare quelli firmatari della bozza, si stanno lanciando in lotte intestine, alimentando divisioni e promesse vuote. Il risultato? I professionisti continuano a essere penalizzati, e la sanità pubblica, già in difficoltà, rischia di crollare sotto il peso dell’incapacità di trovare soluzioni efficaci.
Si è cercato di vendere come “conquiste” quelle che, nella realtà, sono cifre irrisorie e provvedimenti insufficienti. A fronte di una crisi drammatica che vede la perdita di migliaia di professionisti ogni anno, l’incremento salariale per la maggior parte degli infermieri è di circa 47 euro netti. Una somma che non può in alcun modo considerarsi un riconoscimento adeguato per una categoria che sta vivendo la più grave emorragia di professionisti degli ultimi vent’anni».
Esordisce così nella sua analisi Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Sindacato delle Professioni Sanitarie.
COINA denuncia la sterile divisione: basta giochi politici, servono soluzioni reali
«È inaccettabile che, invece di concentrarsi sul benessere della categoria e sulle necessarie riforme, alcuni scelgano di accanirsi in battaglie che non portano a nulla se non a un indebolimento ulteriore del settore. La realtà è che, mentre i sindacati continuano a scambiarsi accuse e a sperperare tempo prezioso, gli infermieri e professionisti sanitari sono lasciati soli, senza il supporto e i riconoscimenti che meritano».
Ceccarelli rincalza la dose: «Non si può continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto. L’assenza di una vera visione per il futuro della sanità pubblica e per le professioni che la compongono è palese. Non ci si può accontentare di compromessi al ribasso, eppure alcuni sembrano preferire il gioco delle briciole, gettando fumo negli occhi ai lavoratori, piuttosto che affrontare seriamente i problemi. La verità è che i sindacati dovrebbero lavorare per unire, non per dividere, perché solo attraverso un’azione condivisa si potrà ottenere ciò che è giusto per chi lavora ogni giorno al servizio dei cittadini. Diteci apertamente quali sarebbero questi tesori inestimabili, questi aumenti così ingenti che i lavoratori avrebbero perso a causa del mancato accordo.
La dignità di questi lavoratori non può essere mercificata con piccole elemosine che non incidono nemmeno sulle loro condizioni di vita quotidiane, a fronte di cifre lontane anni luce dal costo della vita.
Una sanità in crisi: l’urgenza di un cambiamento
COINA chiede con urgenza una revisione profonda delle politiche sanitarie e retributive, che non solo possano fermare l’emorragia di professionisti, ma che garantiscano anche una sanità pubblica all’altezza delle necessità dei cittadini. Non si tratta di promesse vuote, ma di soluzioni concrete per un sistema sanitario che rischia di crollare sotto il peso dell’incuria e delle decisioni sbagliate.
«Questo non è il tempo delle divisioni. Occorre sedersi nuovamente al tavolo delle trattative e trovare una intesa dignitosa. È il momento pretendere il giusto riconoscimento per chi lavora ogni giorno in prima linea. La vera lotta si combatte nei tavoli giusti, non con la propaganda o con i pericolosi giochi delle tre carte».
«Unica strada per vedere la luce in fondo al tunnel è un contratto “dedicato”, noi del COINA invochiamo da tempo, destinato solo ai professionisti sanitari, che devono uscire dalla bolgia attuale. Solo così la parola valorizzazione avrà un senso e non sarà solo un artifizio di cui fregiarsi a proprio comodo», conclude Ceccarelli.