Manovra. Fimmg: “Subito Piano Marshall per medicina territoriale. ISTAT conferma medicina generale in codice rosso”

«Medicina del territorio e Pronto soccorso sono vasi comunicanti: se si svuota la prima, i secondi esplodono. I dati ISTAT ascoltati oggi in Parlamento dicono che il tempo è finito: servono interventi urgenti già in Legge di Bilancio, con un Piano Marshall che orienti immediatamente formazione e assunzioni verso le specialità carenti secondo il fabbisogno reale dei cittadini, prima che il Servizio sanitario nazionale perda la sua natura pubblica e universalistica». Lo afferma Silvestro Scotti, Segretario Generale Fimmg, commentando l’audizione del presidente ISTAT sulla Manovra alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Secondo l’ISTAT, nel 2023 i medici “praticanti” sono circa 320 mila (5,3 per mille abitanti, più della media UE 4,1); gli specialisti sono circa 260 mila (81,2%), mentre i medici di medicina generale (MMG) sono meno di 40 mila (12% del totale, contro il 23% della media OCSE). I medici di medicina generale attivi sono 37.983 (0,64 per mille residenti), con una struttura anagrafica critica: il 60% ha almeno 60 anni. In dieci anni si sono persi 7.220 MMG e oltre la metà (51,7%) oggi supera il massimale di 1.500 assistiti, +4 punti sul 2022.

«Questi numeri certificano che la narrazione secondo cui la carenza sul territorio non influenzerebbe i sovraccarichi dei Pronto soccorso è smentita dai fatti: quando il medico di famiglia manca o ha platee ingestibili, i cittadini finiscono in ospedale per bisogni che dovrebbero essere presi in carico vicino a casa. È importante che in Legge di Bilancio queste esigenze siano contemplate con decisione», incalza Scotti.

Per Fimmg, gli interventi da prevedere sono chiari: orientare con urgenza l’offerta formativa verso i settori carenti, a partire dalla medicina generale, con un incremento mirato dei posti e una programmazione vincolata al fabbisogno regionale e nazionale. Coinvolgere le Università per creare cultura della sanità territoriale già nel corso di laurea in Medicina, attribuendo pesi reali in crediti a esami e tirocini in setting territoriali, valorizzando tesi su questi ambiti e formalizzando rapporti strutturati tra Atenei e ASL territoriali per la didattica pratica continuativa (Case della Comunità Hub and Spoke, distretti, cure domiciliari, continuità assistenziale). Serve istituire una specialità specifica in medicina generale con un coinvolgimento diretto della stessa nella didattica ed è essenziale che la specialità in medicina generale sia strutturata con le medesime caratteristiche delle altre, ma restando nel Titolo IV dell’attuale DLgs 368, senza essere ricondotta al Titolo III, fatto che determinerebbe la possibilità di equipollenza con altre discipline, impedendo in questo caso quanto previsto dalle norme comunitarie.

«Senza queste misure – prosegue Scotti – continueremo a spostare il problema da un reparto all’altro, mentre i cittadini perderanno accesso, continuità e prossimità delle cure. Sarebbe drammatico, se si considera che già oggi l’ISTAT certifica che un italiano su 10 (9,9%) ha rinunciato a visite o esami diagnostici — pari a 5,8 milioni di persone, contro i 4,5 milioni del 2023 – per liste d’attesa (6,8%), difficoltà economiche o di spostamento verso le sedi di cura. Il Servizio sanitario nazionale si salva solo ricostruendo, adesso, la sua prima linea: la medicina generale. È chiaro che oggi si pagano inefficienze anche pregiudiziali di anni di mancato governo su questi temi. Al Governo attuale – conclude Scotti – il compito di provare a risolvere, noi siamo pronti a dare il nostro contributo, ma le risposte ormai sono da codice rosso».

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