Scotti (Fimmg): “Medicina generale torni a parlare il linguaggio dei giovani medici: più autonomia, flessibilità”

«Se i giovani medici si stanno allontanando dalla medicina generale è anche perché, evidentemente, non si è ancora riusciti a leggere le esigenze di questi professionisti e tradurle in una forma contrattuale che possa offrire le risposte che chiedono». Lo dice il segretario generale Fimmg Silvestro Scotti, commentando gli ultimi dati sulle scelte dei giovani medici in fatto di formazione e specializzazioni.

Stando ai dati, le Scuole di specializzazione in Medicina di Comunità e in Cure Primarie (quelle che formano i futuri medici di medicina generale) risultano tra le meno scelte dai neolaureati, con pochissimi posti coperti (in alcuni atenei addirittura zero). Le specialità “di servizio pubblico”, tra cui Medicina generale, soffrono di scarsa attrattiva per motivi economici, di rischio professionale e di carichi di lavoro più elevati.

«L’irrigidimento su diritti apparentemente legati alla subordinazione – prosegue il leader Fimmg – finisce per rendere meno attrattiva una professione che, invece, se strutturata nella sua autonomia organizzativa e professionale, regolata da responsabilità e da progetti reddituali connessi agli obiettivi di salute dei cittadini, può essere molto attrattiva».

Scotti torna con forza, come già anticipato in occasione dell’ultimo Congresso Nazionale Fimmg, sul concetto di slash worker, ovvero di giovani professionisti – nativi digitali – che preferiscono essere freelance. Giovani medici che chiedono maggiore flessibilità organizzativa, possibilità di lavoro in team e l’opportunità, dove possibile e utile, di integrare strumenti di lavoro a distanza. Un’evoluzione coerente con i cambiamenti sociali e professionali in atto, e capace di rendere la medicina generale più interessante, sostenibile e compatibile con le traiettorie personali e professionali delle giovani generazioni, che – non dimentichiamo – sono sempre più nativi digitali.

Istanze che possono trovare un pieno riconoscimento contrattuale. E, chiarisce Scotti, «è nostro compito non ignorare ma orientare e dare risposte a questa nuova esigenza il prima possibile con contratti che guardino al futuro, non al passato del mondo del lavoro».

Evidenziando poi che questa autonomia potrebbe esprimersi attraverso diverse modalità di attività — in presenza o a distanza, su base oraria o a volume, con retribuzioni per servizi e obiettivi. «Se proiettata in un contratto unico – dice – renderebbe la medicina generale più attrattiva per i giovani medici».

Al contrario, negli ultimi tempi si è parlato sempre più spesso di un passaggio alla dipendenza, segno di una scarsa comprensione dell’evoluzione delle aspettative che oggi si cercano in un mondo del lavoro moderno e attrattivo per le nuove generazioni, e non fanno eccezione i futuri medici di medicina generale.

«Il rischio è che, se non li rendiamo coerenti con questi principi – liberando incompatibilità, permettendo compiti diversi ma integrati e funzionali tutti al bene salute – alcuni servizi scompaiano – avverte il segretario generale Fimmg – con la giustificazione che “non ci sono medici per garantirli”, e poi trasferendo di fatto quelle funzioni su soggetti che medici non sono. Vogliamo davvero una società senza medici? Fimmg crede di no, e ce lo dimostrano i milioni di pazienti che ogni giorno entrano nei nostri ambulatori e le rimostranze di quelli che non li hanno per gli errori di programmazione».

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