Cybersecurity, Biffi: “È garanzia di continuità di cura. Con NIS2 sanità più resiliente”

“La Direttiva NIS2 sposta in maniera più marcata l’attenzione su un approccio basato sul rischio. Ogni organizzazione dovrà adottare misure di sicurezza specifiche, in base alla natura dei servizi offerti e alla dimensione e complessità dell’organizzazione ma, soprattutto, plasmare il livello di rischio derivante da minacce informatiche. L’obiettivo è quello di rafforzarne la resilienza, prevenire incidenti e limitare i danni in caso di attacco in un’ottica di filiera allargata. Consideriamo le attività contenute nella direttiva come un generatore di emergenza per il mondo digitale: senza di esse i pazienti stessi sarebbero a rischio e la struttura sanitaria potrebbe patire danni reputazionali ed economici inquantificabili”. E’ quanto dichiara in un’intervista a One Health, rivista di approfondimento del Gruppo The Skill, Alvise Biffi, imprenditore impegnato sui temi della digital transformation, della cyber security e dell’innovation management, amministratore delegato di Secure Network (BV TECH) e, da giugno, presidente di Assolombarda.

Ma quali sono i rischi più significativi per i nostri ospedali? “Prima fra tutti l’obsolescenza dei sistemi informatici, spesso basati su tecnologie non più supportate o difficili da aggiornare – spiega Biffi. Pensiamo, ad esempio, ai software per la gestione delle cartelle cliniche, o a quelli inseriti nei dispositivi medici con software proprietario, o applicazioni contabili sviluppate su misura anni fa. Il problema principale è che questi sistemi, pur essendo ancora essenziali per il funzionamento quotidiano, rappresentano un rischio significativo per la sicurezza informatica”.

“Le attività da svolgere sono molte: il primo step è lavorare a livello tecnologico, ammodernando sistemi e strutture, e contemporaneamente sulle persone, investendo nella loro formazione, poiché rappresentano il primo livello di sicurezza delle nostre realtà. Poi occorre realizzare piani di Disaster recovery che permettano di ripristinare rapidamente i sistemi e i dati dopo un evento critico e testarli con delle prove finalizzate a valutarne l’efficacia. Nel mondo sanitario, dove ogni minuto può fare la differenza per la vita di un paziente, il disaster recovery non è solo una questione tecnica, ma una responsabilità clinica e organizzativa. Prepararsi in anticipo eseguendo simulazioni e coinvolgere tutti i reparti è ciò che fa la differenza tra un’interruzione gestita bene e una crisi”, conclude Biffi.

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