Tra il 2025 ed il 2040 il rapporto tra iscritti e pensionati passerà da 1,5 a 4,9: tra 15 anni potremmo avere 220mila medici senza lavoro o scappati all’estero
Il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini continua a illudere i ragazzi che sognano di diventare medici. Dopo aver parlato di abolizione del numero chiuso, quando in realtà la riforma dell’accesso a Medicina rinvia di solo qualche mese la selezione all’ingresso, causando esclusivamente enormi difficoltà organizzative agli atenei che non sanno come ricevere decine di migliaia di studenti, adesso propone di aumentare di altre 3.000 unità i posti disponibili a Medicina, condannando migliaia di giovani medici al rischio di rimanere disoccupati.
Se, infatti, le università riterranno sufficiente lo stanziamento di 50 milioni per poter garantire uno standard formativo adeguato, gli immatricolati a Medicina nell’anno accademico 2025-2026 saranno poco meno di 24mila. Considerato che al termine dei sei anni di studi in Medicina si laurea mediamente il 94% degli iscritti, secondo i calcoli del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED, nel 2031 avremo almeno 22.435 nuovi medici; camici bianchi che tuttavia non inizieranno immediatamente a lavorare, ma dovranno frequentare anche la scuola di specializzazione che dura, a seconda dell’indirizzo scelto, tra i 3 e i 6 anni. L’ingresso nel Servizio sanitario nazionale di chi inizia a studiare Medicina a settembre è previsto quindi tra il 2034 ed il 2037.
L’aumento dei laureati in Medicina, tuttavia, è in evidente contrasto con la progressiva riduzione di medici che andranno in pensione nei prossimi anni: se infatti nel 2025 i pensionati saranno 14.918, nel 2031, per effetto dell’esaurimento della gobba pensionistica, scenderanno a 8.674, per ridursi a 4.864 nel 2040. Tra il 2025 ed il 2040, dunque, qualora il numero di posti disponibili a Medicina non dovesse diminuire, il rapporto tra iscritti e pensionati passerà da 1,5 a 4,9: tra 15 anni, per ogni medico che andrà in pensione, ci saranno quasi 5 ragazzi che inizieranno a studiare Medicina.
In altre parole, nel 2034, considerando la differenza tra chi entra e chi esce, in Italia ci saranno 15.246 medici in più. E nel periodo tra il 2025 ed il 2040, sommando la differenza annuale tra neolaureati e pensionati, si potrebbero superare i 220mila medici in più. Un numero evidentemente eccessivo rispetto al fabbisogno, che rischia di aprire le porte ad una nuova fase di pletora medica cui conseguiranno contratti al ribasso, aumento dell’offerta sanitaria privata e fuga di giovani medici verso l’estero, dopo che l’Italia ha speso più di 150mila euro per formare ciascuno di loro.
«Negli ultimi anni – commenta Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED – siamo passati dalla pletora medica, all’imbuto formativo, alla carenza di specialisti e ora rischiamo di ricominciare il giro con una nuova pletora: non è possibile che il Ministero dell’Università ed il Ministero della Salute non riescano a definire in modo corretto il fabbisogno di medici per i prossimi anni, e che il numero di posti a Medicina venga deciso esclusivamente a fini propagandistici ed elettorali. A rimetterci alla fine sono sempre i medici e le loro famiglie».