“Non bastano più fondi o bonus a pioggia: la sanità italiana deve ritrovare la sua anima, investendo sul capitale umano, sulla fiducia e sull’integrazione dei professionisti italiani e stranieri.”
AMSI: SITUAZIONE GRAVISSIMA, SPESA SANITARIA RECORD, MA LA CURA NON ARRIVA A TUTTI E DOMINANO LE DISUGUAGLIANZE E LA CARENZA DI PERSONALE.
ROMA, 7 NOVEMBRE 2025 – L’Italia investe 185 miliardi di euro in sanità, di cui oltre il 74% di origine pubblica, ma resta lontana dagli standard europei per equità e accesso alle cure.
Oltre 5,8 milioni di cittadini hanno rinunciato nell’ultimo anno a visite o prestazioni sanitarie, per costi o liste d’attesa.
La spesa cresce, ma il sistema rallenta. È l’allarme lanciato da Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), Umem (Unione Medica Euromediterranea) e dal Movimento Internazionale Uniti per Unire.
A nome delle associazioni e movimenti, di cui è presidente e fondatore, interviene il Prof. Foad Aodi, medico fisiatra, Direttore Sanitario Centro Medico Iris Italia, giornalista internazionale, divulgatore scientifico ed esperto in salute globale, Direttore dell’AISC_NEWS, membro del Registro Esperti FNOMCeO, quattro volte consigliere dell’OMCeO di Roma, docente dell’Università di Tor Vergata, membro della FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italiana e dell’Associazione Stampa Romana, iscritto all’ordine dei giornalisti del Lazio.
“Spendiamo di più, ma curiamo di meno – afferma Aodi –. Il bilancio cresce, ma non cresce la fiducia dei cittadini. Le risorse non bastano se il capitale umano continua a diminuire e ad invecchiare.”
PERSONALE IN DECLINO: IL 44% DEI MEDICI OLTRE I 55 ANNI
La situazione del personale sanitario è ormai al limite:
• 320.000 medici in attività (5,3 per mille abitanti)
• 44% con più di 55 anni
• 20% oltre i 65
• 37.983 medici di base nel 2023, il 60% con più di 60 anni
Gli infermieri sono 405.000, pari a 6,9 per mille abitanti, contro una media UE di 8,3.
Il rapporto infermieri/medici è 1,3, quasi la metà della media OCSE (2,5).
“È un quadro allarmante – commenta Aodi –. Senza un piano di ricambio generazionale, il Servizio Sanitario Nazionale rischia il collasso.
Serve una riforma coraggiosa che metta al centro la formazione e la valorizzazione dei giovani professionisti, italiani e stranieri.”
RINUNCIA ALLE CURE E LISTE D’ATTESA: UNA CRISI SOCIALE
Il 9,9% degli italiani, quasi uno su dieci, ha rinunciato nel 2024 a visite o esami diagnostici.
Le cause principali sono le liste d’attesa (6,8%), seguite da difficoltà economiche e logistiche.
Il fenomeno colpisce in particolare donne e anziani, e cresce in tutto il Paese, senza più differenze tra Nord e Sud.
“Quando un cittadino rinuncia a curarsi – dichiara Aodi – lo Stato ha già fallito la sua missione.
Le cure negate non sono un effetto collaterale, ma il sintomo di un sistema che ha smarrito il suo principio di uguaglianza.”
UN FENOMENO GLOBALE: “L’ITALIA NON È SOLA”
Aodi inserisce la crisi italiana in un contesto più ampio, che riguarda l’intero bacino euromediterraneo:
“Osserviamo la stessa dinamica in molti Paesi: crescita della spesa, invecchiamento del personale, aumento delle cronicità e carenza di infermieri.
Per questo proponiamo la creazione di una Rete Euromediterranea per la Salute Globale, capace di coordinare competenze, programmi di formazione e mobilità professionale.”
LE PROPOSTE DEL MOVIMENTO UNITI PER UNIRE
Aodi elenca le misure urgenti che Amsi, Umem, Co-mai e Uniti per Unire propongono al Governo:
1 Piano straordinario per il ricambio generazionale, con nuove assunzioni e percorsi di carriera più rapidi.
2 Valorizzazione dei professionisti sanitari di origine straniera, essenziali per colmare le carenze di organico.
3 Rilancio della medicina territoriale, con investimenti su ambulatori di prossimità e assistenza domiciliare.
4 Riforma delle indennità e delle carriere, per ridare attrattiva alle professioni sanitarie e frenare l’emigrazione.
5 Estensione della libera professione anche a infermieri, fisioterapisti e tecnici sanitari.
6 Riduzione del divario Nord-Sud, con fondi vincolati e obiettivi misurabili di equità sanitaria.
“LA SANITÀ NON È SOLO NUMERI, MA PERSONE”
“Dobbiamo ridare fiducia agli operatori sanitari e ai cittadini.
La sanità non si misura solo in miliardi, ma nella capacità di ascoltare e curare.
È tempo di un nuovo patto tra Stato, professionisti e cittadini: meno burocrazia, più umanità, più visione internazionale,” sottolinea Aodi.
Il medico e divulgatore invita a considerare la sanità “una questione di sicurezza nazionale e di coesione sociale”, ricordando anche l’urgenza di affrontare ad esempio le malattie neurodegenerative, come Alzheimer e demenze, in costante aumento.
UNA SFIDA GLOBALE PER IL FUTURO DELLA SALUTE
“Se non invertiamo la rotta, il sistema rischia di collassare sotto il peso delle proprie disuguaglianze.
Servono riforme strutturali, cooperazione internazionale e un cambio di mentalità.
La sanità italiana ha ancora enormi potenzialità, ma deve tornare ad essere un modello di accesso universale e di integrazione professionale,” afferma Aodi.
AODI: “SERVE UNA SVOLTA CULTURALE, NON SOLO ECONOMICA”
“Il vero problema non è un sistema sanitario malato, ma una gestione miope che rincorre le emergenze e dimentica la prevenzione”, afferma il Prof. Aodi. “Gli operatori sanitari, italiani e stranieri, sono il cuore pulsante del Paese, ma non possiamo continuare a chiedere loro miracoli senza strumenti, tutele e motivazioni adeguate. Ogni medico che va in pensione senza essere sostituito lascia un vuoto assistenziale che diventa un rischio concreto per migliaia di cittadini.”
Il presidente di Amsi e Uniti per Unire invita a un cambio di paradigma: “Non bastano più fondi o bonus a pioggia, serve una governance chiara, serve formazione, serve meritocrazia. La salute non può essere trattata come una spesa, ma come un investimento sociale e civile.”
Aodi sottolinea anche l’urgenza di restituire centralità alle professioni sanitarie non mediche: “Infermieri, tecnici, fisioterapisti e operatori sanitari rappresentano la spina dorsale del sistema, ma troppo spesso restano invisibili. Meritano pari dignità contrattuale e professionale.”
L’integrazione dei professionisti stranieri, prosegue, deve essere vista come una risorsa strategica e non come un problema: “Senza il contributo dei medici di origine straniera molti reparti, soprattutto nelle periferie, non potrebbero garantire continuità di servizio. L’integrazione non è una concessione, ma una necessità per la sopravvivenza del sistema.”
E conclude: “Il progresso non si misura solo nei miliardi spesi, ma nel tempo che un paziente attende per una visita, nella qualità dell’assistenza, nella serenità di chi si affida alle nostre cure. La sanità italiana deve ritrovare la sua anima: umana, competente e accessibile.”