Melanoma. Studio “CheckMate 238”: nivolumab riduce insorgenza di recidiva per più lungo tempo rispetto alla terapia con ipilimumab

I risultati a lungo termine dello studio presentati all’ESMO 2025. Di Giacomo: “Ad un follow-up di quasi 9 anni la sopravvivenza libera da recidiva, ai 9 anni, è stata del 44% con nivolumab e del 37% con ipilimumab”. Maio: “Il lavoro scientifico sottolinea anche l’importanza di identificare biomarcatori che ci consentano di selezionare i pazienti con più alto rischio di recidiva che beneficeranno del trattamento adiuvante con immunoterapia”. 

Sono rilevanti i risultati dello studio multicentrico, internazionale, che ha coinvolto anche il Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’AOU Senese diretto dal professor Michele Maio presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO 2025), tenutosi di recente a Berlino, che sono stati illustrati attraverso il lavoro scientifico “Nivolumab for Resected Stage III or IV Melanoma at 9 Years”, e contestualmente pubblicati sulla rivista scientifica New England Journal Medicine con anche la firma della professoressa Anna Maria Di Giacomo, oncologa e responsabile del programma Interdipartimentale Sperimentazioni Cliniche Fase I/II del CIO. 

Il lavoro scientifico descrive l’aggiornamento a 9 anni dello studio multicentrico, randomizzato, di fase III “CheckMate 238”, che mette a confronto l’efficacia di due farmaci immunoterapici, il nivolumab e l’ipilimumab, nel trattamento del melanoma in stadio III o IV radicalmente operato e ad alto rischio di recidiva.

“Storicamente – spiega a Quotidiano Sanità la Prof.ssa Anna Maria Di Giacomo -, i pazienti affetti da melanoma con stadio AJCC III o IV, la cui mortalità a 5 anni supera il 35-40%, sono stati categorizzati come “a rischio elevato di recidiva”. La malattia micrometastatica residua, responsabile della recidiva, è potenzialmente eliminabile sottoponendo questi pazienti a terapia adiuvante, cioè dopo la chirurgia radicale. Purtroppo sino a qualche anno fa l’utilizzo dell’interferone-alfa (IFN-a), ha prodotto un beneficio assoluto in termini di sopravvivenza del 3%. Più recentemente, sono stati condotti studi clinici randomizzati che hanno valutato sia l’attività di anticorpi diretti contro checkpoints immunologici, come l’anticorpo anti-CTLA4 ipilimumab o i più recenti anticorpi anti-PD1. In particolare, lo studio di fase III CheckMate 238 ha confrontato, in pazienti affetti da melanoma in stadio IIIB-C o IV radicalmente resecato, l’efficacia di un anno di trattamento adiuvante con l’anticorpo anti-CTLA-4 ipilimumab o con l’anticorpo anti-PD1 nivolumab”.

“Nello studio CheckMate 238 – prosegue la professoressa -, i pazienti affetti da melanoma resecato in stadio IIIB–C o IV che sono stati trattati con l’anticorpo anti-PD-1 nivolumab hanno avuto una sopravvivenza libera da recidiva più lunga rispetto a quelli che hanno ricevuto l’anticorpo anti-CTLA-4 ipilimumab già alla prima analisi. I dati a lungo termine, pubblicati anche su New England Journal Medicine nei giorni scorsi, confermano l’efficacia di questa strategia terapeutica nel ridurre il rischio di recidiva della malattia”.

“Come abbiamo sviluppato la ricerca. Dal 30 marzo al 30 Novembre 2015, in questo studio di fase III, multicentrico randomizzato, in doppio cieco, 906 pazienti affetti da melanoma in stadio IIIB–C o IV resecato, ma ad alto rischio di recidiva, sono stati randomizzati con un rapporto 1:1 a ricevere nivolumab (453 pazienti) alla dose di 3 mg /Kg ogni 2 settimane, o ipilimumab (453 pazienti) alla dose di 10 mg /Kg ogni 3 settimane per quattro dosi, poi ogni 12 settimane, fino a 1 anno o fino alla recidiva della malattia o effetti tossici accettabili. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da recidiva (RFS); gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da metastasi a distanza (DMFS), nonché la sicurezza”.

“Ad un follow-up minimo di quasi 9 anni (107 mesi), la mediana di sopravvivenza libera da recidiva è stata di 61,1 mesi con nivolumab e di 24,2 mesi con ipilimumab (l’hazard ratio per recidiva o morte, 0,76; l’intervallo di confidenza al 95% [CI], da 0,63 a 0,90); la sopravvivenza libera da recidiva a 9 anni è stata rispettivamente del 44% e del 37%. Continuando, la mediana della DMFS (mediana della sopravvivenza libera dalla malattia) nei pazienti con stadio III è stata superiore a 9 anni con nivolumab e 83,8 mesi con ipilimumab, con un DMFS rate (tasso di pazienti vivi senza metastasi a distanza) a 9 anni rispettivamente del 54% e del 48% (hazard ratio per i pazienti a distanza metastasi o morte, 0,81; IC al 95%, da 0,65 a 1,00). In entrambi i gruppi di studio, la sopravvivenza globale mediana è stata più di 9 anni, con un rate di OS a 9 anni del 69% per nivolumab e 65% per ipilimumab (hazard ratio per morte, 0,88; IC al 95,03%, 0,69 a 1.11). I tassi di mortalità per melanoma a 9 anni sono stati del 26% con nivolumab e il 30% con ipilimumab (hazard ratio, 0,87; IC al 95%, da 0,67 a 1,13). Inoltre, la terapia sistemica è stata somministrata a un numero inferiore di pazienti nel braccio di nivolumab rispetto a ipilimumab (37,3% vs. 44,6%), dimostrando un tasso di recidive inferiori nel gruppo di pazienti trattati con nivolumab. Altro aspetto importante, nella valutazione del beneficio a lungo termine del trattamento di immunoterapia adiuvante, è l’evidenza che non sono stati segnalati nuovi eventi avversi tardivi relati al trattamento e pertanto il trattamento ha un impatto favorevole sulla qualità di vita” – conclude l’oncologa Di Giacomo.

Interviene il professor Michele Maio che puntualizza: “I risultati di questo studio a lungo termine, oltre a supportare l’utilizzo dell’immunoterapia adiuvante nei pazienti radicalmente operati, sottolineano anche l’importanza di identificare biomarcatori che ci consentano di selezionare i pazienti con più alto rischio di recidiva che beneficeranno del trattamento adiuvante con immunoterapia. In questo contesto, nell’ambito di un progetto AIRC 5xmille coordinato a livello nazionale dal nostro Centro di Siena, abbiamo già identificato nello stato di metilazione del tumore uno strumento utile per selezionare i pazienti che avranno una migliore sopravvivenza se trattati con immunoterapia”.

“Inoltre poiché circa il 50% dei pazienti che adesso non riusciamo a selezionare manifesta anche dopo, o in corso di terapia adiuvante, una  recidiva per meccanismi di resistenza primaria, stiamo anche lavorando nell’ambito dello studio NIBIT-ML-1 di Fondazione NIBIT, di cui è Principal Investigator la Professoressa Di Giacomo, all’utilizzo di una combinazione di immunoterapia con nivolumab e ipilimumab ed un farmaco epigenetico con l’obiettivo di superare la resistenza all’immunoterapia in pazienti con melanoma e tumore polmonare già trattati con immunoterapia e ad essa resistenti” – termina Maio. 

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