CONCLUSO PROGETTO “SIGHETU”, TRE ANNI AL SERVIZIO DEI RIFUGIATI UCRAINI E DELLA POPOLAZIONE ROMENA

Il progetto dello Spallanzani, finanziato dalla Cooperazione italiana, ha permesso di gestire l’emergenza sanitaria, screenare la popolazione, formare il personale e implementare la dotazione tecnologica.

Dopo tre anni di assistenza, cura, screening e formazione, si è concluso ufficialmente giovedì il “Progetto Sighetu: intervento di emergenza sanitaria in risposta alle emergenze infettive della popolazione rifugiata e delle comunità ospitanti coinvolte nella crisi ucraina”.

Nato da un’idea e dall’intervento dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS in risposta all’emergenza legata al grande afflusso di cittadini ucraini che, per fuggire dalla guerra, attraversavano il confine rumeno di Sighetu Marmației, il progetto ha avuto il fondamentale supporto economico del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS).

L’azione dello Spallanzani, inizialmente mirata a fornire expertise e supporto nello screening di SARS-CoV-2 e influenza e nella gestione degli isolamenti dei pazienti positivi ad un ospedale di frontiera  non attrezzato ad accogliere un così elevato numero di persone, negli anni è stata declinata sotto vari aspetti: corsi di formazione per il personale sanitario con il coinvolgimento di infermieri, rianimatori, radiologi ed infettivologi; campagne di screening su arbovirosi, epatiti virali, echinococcosi cistica; implementazione tecnologica delle risorse del laboratorio di virologia e microbiologia dell’ospedale locale.

Il senso, l’importanza e il lascito di questo progetto sono stati spiegati giovedì nel corso della conferenza che si è svolta proprio a Sighetu Marmației.

Padre e responsabile del progetto, il dr. Emanuele Nicastri – Direttore UOC Malattie Infettive ad Alta Intensità di Cura dello Spallanzani – ha affermato che “Questa giornata, che segna la chiusura della ‘Missione Sighetu’, vuole essere anche un momento di apertura con la costruzione di un tavolo di lavoro che abbia l’obiettivo di essere parte attiva nel processo di aiuto e di ricostruzione dell’Ucraina nel momento in cui verrà finalmente raggiunta la pace, o almeno una tregua. Se il ponte di Sighetu all’inizio di questo progetto era simbolo di fuga, oggi vorremo impegnarci, sempre grazie al sostegno della Cooperazione italiana, a trasformarlo in un simbolo di ricostruzione: una strada verso la quale proiettare il nostro impegno e le nostre risorse per poter ricostruire insieme un periodo di pace garantendo il diritto alla salute al popolo ucraino”.

Per Marco Rusconi, Direttore AICS, “Questo progetto, realizzato in partenariato con lo Spallanzani e l’Ospedale romeno di Sighetu Marmației, è un esempio concreto di come la Cooperazione italiana operi nei contesti di crisi con rapidità, competenza e visione. Abbiamo scelto di intervenire in quest’area, a ridosso del confine ucraino, perché la Romania è uno dei principali Paesi di transito e accoglienza dei rifugiati in fuga dal conflitto, e perché le strutture sanitarie locali si sono trovate fin dallo scoppio della guerra sotto forte pressione. In una fase in cui milioni di persone fuggivano dalla guerra e le emergenze sanitarie si moltiplicavano, siamo dunque scesi in campo al fianco delle popolazioni più vulnerabili e delle strutture sanitarie, contribuendo al rafforzamento delle capacità di risposta alle malattie infettive. È in interventi come questo che si riflette il senso più autentico della cooperazione: costruire insieme soluzioni durature, anche nei luoghi più fragili.”

“Da Direttrice generale dello Spallanzani – ha dichiarato Cristina Matranga – non posso che essere orgogliosa del lavoro che tutti i nostri operatori hanno svolto in questi tre anni. Un intervento, il nostro, che evidenzia ancora una volta la vocazione internazionale dell’Istituto ma soprattutto la grande umanità e solidarietà che ci contraddistingue. Lo Spallanzani non è nuovo, infatti, a simili interventi in contesti difficili, basti pensare al continente africano. Siamo orgogliosi di quanto fatto e saremo sempre pronti ad esportare le nostre competenze e conoscenze dove ci sarà bisogno”.

Ma l’intervento al confine tra Romania e Ucraina non è stato utile solo per le popolazioni locali. Infatti, ha spiegato Rosario Alessandro Cavasio, project manager della Missione, “In un momento storico caratterizzato dal cambiamento climatico e dalla facilità degli spostamenti delle persone da un Paese all’altro, gli screening che abbiamo condotto ci aiutano ad avere una fotografia di come stanno cambiando alcune epidemiologie e a capire in che modo alcune malattie posso emergere e riemergere, non potendo escludere la loro implicazione in futuri outbreak epidemici”.

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