In attesa dell’atto di indirizzo, il sindacato dei medici dipendenti del SSN chiede alla Conferenza delle Regioni l’apertura di un tavolo per regolamentare l’affidamento delle strutture apicali ospedaliere al personale universitario
Roma, 10 settembre 2025 – La Federazione CIMO-FESMED prende atto dell’intenzione delle Regioni di “procedere a un rinnovo veloce del contratto 2022-2024” dei medici e dei dirigenti sanitari “per poi proseguire con il triennio successivo”, impegnandosi a valorizzare i “tanti professionisti che tengono in piedi il nostro sistema sanitario”. In attesa della pubblicazione dell’atto di indirizzo, il sindacato dei medici dipendenti del SSN chiede però alla Conferenza delle Regioni un ulteriore sforzo che vada proprio nella direzione di una maggiore valorizzazione dei professionisti: l’apertura urgente di un tavolo per regolamentare l’affidamento delle strutture apicali ospedaliere al personale universitario.
Un tema ben noto alle Regioni, presente anche nel documento di lavoro proposto a giugno ai sindacati, dove si evidenziava la necessità di “intervenire su una disciplina nazionale che tuteli le opportunità di carriera del personale ospedaliero” auspicando “una maggiore trasparenza e proporzionalità nel bilanciamento tra le esigenze formative e quelle assistenziali”, proprio perché la cosiddetta “clinicizzazione” degli ospedali sta seriamente compromettendo il rapporto tra medici e Servizio sanitario nazionale.
«Ricordiamo infatti – dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED – che la chiusura di posti letto e reparti avvenuta negli ultimi anni ha fortemente ridotto le possibilità di ricoprire ruoli apicali: solo il 16% dei medici può sperare di migliorare la propria posizione, perché il numero di strutture complesse e semplici è stato complessivamente ridotto di quasi 12mila unità. Se, quindi, le poche direzioni rimaste vengono affidate al personale universitario, è ovvio che gli ospedalieri cercheranno altrove migliori condizioni lavorative».
«Ciò che c’è da fare per risolvere questo annoso problema è fin troppo chiaro – aggiunge Quici -. Da una parte rendere omogenea su scala nazionale la collaborazione tra ospedali e università, imponendo al personale universitario modalità di selezione trasparenti, analoghe a quelle previste per gli ospedalieri per poter dirigere le strutture apicali; dall’altra istituire gli ospedali di insegnamento con una chiara definizione del ruolo del personale universitario, a cui affidare la parte teorica dell’insegnamento, e di quello ospedaliero, responsabile della parte pratica, con la conseguente previsione di un riconoscimento economico e professionale per chi svolge attività di tutoraggio. E l’unico interlocutore con cui poter affrontare il tema è proprio la Conferenza delle Regioni, considerando che la clinicizzazione degli ospedali deriva da accordi tra Regioni, Atenei e Aziende, e dunque il Ministero della Salute sulla questione ha un ruolo estremamente marginale».
«Ci auguriamo – conclude Quici – che le Regioni rispondano “presente” anche su questo argomento, tutelando le legittime prospettive di carriera dei medici ospedalieri».