Il 19 giugno si festeggia la Giornata mondiale della drepanocitosi, conosciuta anche come anemia falciforme. Istituita nel 2008 dalle Nazioni Unite, la ricorrenza offre l’opportunità di mettere a conoscenza le persone riguardo la malattia, i suoi sintomi, le complicanze e di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della consulenza e dei test genetici.
Si tratta di un’anemia ereditaria dovuta ad una mutazione del DNA che porta alla formazione di un’emoglobina anomala. I globuli rossi che la contengono assumono la forma a falce che ostacola il passaggio attraverso i vasi sanguigni e, occludendoli, causa carenza di ossigeno, dolore e possibili gravi conseguenze (ad esempio l’ictus). I portatori di drepanocitosi sono molto numerosi in Africa e in India ma anche in altre aree, come il bacino del Mediterraneo, dove il gene falcemico costituiva un fattore protettivo contro la malaria. Le migrazioni dalle zone di endemia, soprattutto l’Africa e l’India, verso il Nord America e l’Europa hanno contribuito – soprattutto negli ultimi 20-30 anni – all’aumento dei malati.
Una coppia di portatori ha il 25% di probabilità, ad ogni gravidanza, di avere un figlio malato di drepanocitosi. È oggi possibile offrire la diagnosi prenatale, ma per questo è necessario identificare i portatori, che spesso non conoscono la propria condizione.
IL DAY HOSPITAL DELLA TALASSEMIA E DELLE EMOGLOBINOPATIE (DHTE) DELL’OSPEDALE DI CONA (diretto dalla dott.ssa Filomena Longo) segue adulti e bambini affetti da drepanocitosi, con numeri in costante aumento (ad oggi quasi 50). Si tratta di pazienti, anche molto piccoli, che necessitano di terapie farmacologiche specifiche per prevenire le temibili crisi vaso-occlusive tipiche di questa patologia e che talvolta necessitano anche di trasfusioni periodiche o di scambi di globuli rossi.
“Nonostante le nuove prospettive di cura, tra cui la terapia genica e la procedura trapiantologica – commenta la dott.ssa Longo – attualmente le armi a disposizione per combattere questa patologia sono i farmaci e le trasfusioni. E’ fondamentale intercettare il prima possibile, già in epoca infantile, i pazienti affetti, poichè la prognosi della malattia e la qualità della vita, è fortemente collegata all’avvio tempestivo delle cure. Il nostro centro, in sinergia con l’Associazione “ALT Rino Vullo” di Ferrara, è da sempre attento alla sensibilizzazione sulla drepanocitosi, per promuovere la cultura della prevenzione e cura di questa seria e complessa patologia, ancora oggi troppo spesso stigmatizzata”.
L’obiettivo dell’ASSOCIAZIONE “ALT RINO VULLO” DI FERRARA (presieduta da Valentino Orlandi), in collaborazione con il DHTE, è informare i pazienti sulle migliori cure e sulle nuove terapie innovative (come la terapia genica), avvicinarli al mondo associativo e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della donazione di sangue. Conoscere questa malattia è il primo passo per non lasciare soli i pazienti e le loro famiglie e per garantire dignità, ascolto e un’assistenza corretta.
La drepanocitosi è una delle prime malattie genetiche identificate, ancora oggi troppo poco conosciuta. Essere pazienti con drepanocitosi significa convivere con una patologia cronica, spesso dolorosa, che può colpire diversi organi e influire pesantemente sulla qualità della vita. Per questo è fondamentale che non solo la popolazione ma anche più professionisti sanitari ne comprendano la complessità.
“Al DHTE di Ferrara – mette in evidenza Pelagie Agbokanzo, una paziente assistita dal Centro – siamo seguiti da un’équipe competente e attenta, ma la rete di cura deve allargarsi. La prevenzione, la diagnosi precoce, la formazione medica continua e una presa in carico consapevole sono strumenti essenziali per migliorare la qualità di vita di chi convive con questa patologia”.