Il 15 marzo è la Giornata Nazionale dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), chiamata anche Giornata del Fiocchetto Lilla, promossa per la prima volta nel 2012 su iniziativa di un genitore (che in quella data perse le figlia di 17 anni per bulimia) e riconosciuta ufficialmente nel 2018 dal Ministero della Salute.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i Disturbi del Comportamento Alimentare rappresentano una delle cause più frequenti di disabilità e di morte tra i giovani dei Paesi occidentali e sono stati inclusi tra le priorità relative alla tutela della salute mentale.
Tra questi disturbi, i più conosciuti sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata o “binge eating“, che colpiscono il 5% della popolazione italiana (circa 3 milioni di persone): nell’8-10% si tratta di ragazze e nello 0,5%-1% ragazzi.
I picchi di incidenza si osservano fra i 15 e 25 anni di età, ma si assiste ad un ampliamento di tale finestra, con esordi ancora più precoci, intorno ai 12 e 13 anni, e più tardivi.
Ciò che caratterizza l’anoressia è la restrizione alimentare con cali ponderali significativi, associata all’angoscia di ingrassare e ad una percezione distorta dell’immagine del proprio corpo (la cosiddetta dismorfofobia).
La bulimia si esprime con un’assunzione eccessiva di cibo – l’abbuffata – seguita da condotte di compenso, come il vomito autoindotto o l’abuso di lassativi e l’iperattività. Rimane come sintomo caratteristico la percezione distorta del proprio corpo e la ricerca della magrezza. E quando l’abbuffata non ha una compensazione, entriamo nella forma del “binge eating”.
«Negli ultimi anni stanno emergendo nuove forme sintomatiche», spiega la Dott.ssa Francesca Gomez Homen, psichiatra, che rappresenta l’Azienda ULSS 9 Scaligera al Tavolo Regionale Disturbi Alimentari. «Una di queste è la “vigoressia”, un disturbo che molti ricercatori considerano il corrispettivo dell’anoressia nel genere maschile, e che si caratterizza per una ossessione per i muscoli e l’attività fisica e che si accompagna ad un’alimentazione inadeguata e altamente selettiva, tale da comportare problematiche organiche. Si tratta di un disturbo ancora poco riconosciuto e spesso il clinico ne viene a conoscenza nel trattamento di altre diagnosi psichiatriche. Questi disturbi, come si evince anche dall’età di esordio, sono l’espressione delle difficoltà che una persona può incontrare nel percorso evolutivo di ricerca della propria identità e della propria differenziazione psichica rispetto alle figure di riferimento. È indicativo il preoccupante aumento – fino al 30% in più – che si è registrato in concomitanza dell’emergenza pandemica, quando sono venuti a mancare i fattori fondamentali per lo sviluppo dell’identità: la socialità, il confronto con i coetanei, l’attività fisica e il contatto con la natura e la frequenza scolastica».
«Per questo è fondamentale che, accanto alla cura del comportamento distorto – aggiunge la psichiatra Gomez Homen – vi siano interventi psicoterapeutici che diano spazio ai vissuti profondi e aiutino a dare un senso all’esperienza che il soggetto sta vivendo; anche perché, sempre più frequentemente, si rilevano forme cliniche in cui, accanto al disturbo alimentare, sono presenti altri disturbi psichiatrici, come depressioni, disturbi ossessivi e disturbi di personalità che devono essere presi in carico in maniera integrata. Tutti i modelli terapeutici prevedono dei trattamenti multidisciplinari integrati, che prendono in carico la persona nella sua unità psico-corporea: interventi internistici e nutrizionali anche tramite day hospital, terapie farmacologiche, interventi psicologici individuali e/o di gruppo, interventi familiari, interventi sulla rete sociale. Tali interventi vengono erogati da equipe ambulatoriali multiprofessionali dopo una valutazione della gravità del disturbo, della storia personale e dei bisogni psichici individuali».
Conclude ancora la Dott.ssa Gomez Homen, che in ULSS 9 Scaligera è Responsabile UOSD Gestione Percorsi Riabilitativi: «Nei casi molto gravi, in cui l’intensità dei sintomi e la perdita di peso corporeo richiedono ambiti terapeutici a maggiore protezione assistenziale, si ricorre a un ricovero in ospedale o in cliniche specialistiche nella fase acuta, e ad un inserimento in struttura comunitaria per un percorso riabilitativo a lungo termine. La Regione Veneto, approvando nel 2021 il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per il trattamento dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e del modello di cartella clinica, ha recepito tali linee guide, riconosciute dalla ricerca clinica, e le ha date in dotazione ai Centri Regionali e Provinciali specializzati per tali disturbi. Nella provincia di Verona tale Centro è collocato nel Servizio Psichiatrico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Borgo Roma: i pazienti possono accedervi direttamente o vengono inviati dai Servizi Psichiatrici dell’Azienda ULSS 9, con i quali – nei casi di co-morbidità – la presa incarico rimane congiunta».